Molto spesso quando mi trovo a parlare del mio lavoro, mi capita di osservare gli sguardi stupiti e un po’ impauriti nel momento in cui menziono quel fatidico termine: “meccanica quantistica”. Nell’immaginario collettivo il mondo quantistico è sempre circondato da una certa aurea mistica, spesso associata a grandi nomi come Einstein o Bohr, e l’idea comune è quella di una teoria astratta e irraggiungibile dai comuni mortali. Altre volte mi capita di interloquire con persone che invece ne ignorano completamente l’esistenza, oppure invece ne hanno sentito parlare diversi anni prima in maniera molto vaga, quando il Professore di Scienze ha illustrato loro il modello dell’atomo di Bohr. La ragione è presto detta: la fisica quantistica è una teoria pensata per descrivere in dettaglio il funzionamento delle particelle su scala atomica e i loro strani comportamenti. Ma noi viviamo in un mondo fatto di case, alberi, spazio e tempo e la descrizione dei fenomeni fisici si basa su ciò che siamo in grado di osservare, sull’esperienza comune. La forza di gravità, ad esempio, la conosciamo tutti, perché i suoi effetti sono evidenti durante la nostra vita quotidiana. Ma nel mondo quantistico non è più possibile utilizzare l’intuizione e la nostra esperienza comune per descrivere la realtà, ed è proprio questo che rende così peculiare e complessa questa teoria. Ma non pensiate che sia così semplice anche per chi la studia. Anzi. In questo senso è rimasta famosa una frase detta da uno dei suoi padri fondatori, Niels Bohr: “chi non rimane sconvolto quando si imbatte per la prima volta nella teoria quantistica non può assolutamente averla compresa”. Tuttavia il mio scopo non è certo quello di illustrarvi tutte le meraviglie del mondo quantistico (per cui esistono autori di gran lunga più autorevoli del sottoscritto), quanto piuttosto quello di introdurvi in questo affascinante mondo da un punto di vista diverso e forse a voi più noto: quello dell’ICT.

Il successo e i limiti dell’ICT

In questo primo articolo introduttivo, vorrei parlarvi delle motivazioni che ci portano a prendere in considerazione queste strane leggi della fisica per il futuro nel mondo delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni. Ma prima di arrivarci dobbiamo partire da un po’ più lontano. Infatti, se vogliamo capire come funziona un computer quantistico, ma soprattutto il perchè si stanno spendendo tantissime risorse in questo ramo di ricerca, dobbiamo prima comprendere quelli che sono i limiti e i principi di funzionamento delle tecnologie “classiche”. Questo è un principio del tutto generale: quando si vuole migliorare una tecnologia, prima è necessario conoscere nei più piccoli dettagli i meccanismi, gli “ingranaggi” ma soprattutto i limiti delle tecnologie esistenti (provate a pensare, ad esempio, al mondo delle auto). Bene, partiamo.

Le diverse componenti che hanno permesso di costruire le tecnologie per l’informazione e le comunicazioni (ICT) come le conosciamo oggi.

Se vi chiedessi quali, secondo voi, sono state le innovazioni più importanti in questo campo nell’arco degli ultimi vent’anni, non avrei dubbi sul fatto che in lista comparirebbero sia internet che gli smartphone. Anche perché sono cose che sicuramente state utilizzando in questo momento, e di cui non potreste fare a meno nella vostra vita quotidiana.

Questi due esempi sono molto interessanti non solo da un punto di vista sociologico, ma anche perché ci permettono di osservare e toccare con mano due aspetti fondamentali che hanno contribuito al grande successo dell’ICT nell’arco degli ultimi trent’anni: il progresso delle tecnologie, il successo del computer, lo sviluppo delle telecomunicazioni e la grande convergenza di questi mondi. Non credo ci sia bisogno di evidenziare il grande successo, ne tantomeno l’impatto, di tutto ciò.

Chi di voi ha avuto la fortuna di avere un PC nei primi anni 90, probabilmente sa bene quanto fosse difficile e limitato il suo utilizzo, rispetto alle cose che invece si possono fare oggi. Insomma, scordatevi giochi ultra-realistici, film in streaming, facebook, twitter, e tantomeno le vostre foto-ricordo in alta definizione. Senza contare la dimensione e il peso di questi aggeggi. Per motivi evidentemente anagrafici, non ho avuto la fortuna di assistere alla nascita del personal computer, si può dire avvenuta negli anni ottanta, ma il primo che ho avuto modo di conoscere da bambino, oramai più di vent’anni fa, è ormai un pezzo di antiquariato.

Pensate che, nonostante fosse uno dei computer più avanzati per quel periodo, la sua potenza era 100 volte inferiore rispetto a quella di un moderno smartphone! Per darvi un ordine di grandezza, nei primi anni ’90 per poter fare (in realtà poco più e molto meno) quello che oggi fate con il vostro smartphone, avreste avuto bisogno di un bisonte, grande come una stanza, praticamente  uno dei mainframe della nasa che potete ammirare nella foto qui a fianco. Anche lui ormai cimelio d’antiquariato, e di sicuro non facilmente trasportabile come il vostro telefonino.

Il centro di elaborazione dati della NASA dell’Ames Research Center (1990). Per gentile concessione di NASA on the commons.

Ma come si è reso possibile un incremento così evidente delle capacità e al tempo stesso una riduzione sia nel volume sia nel peso? Una delle ragioni, come accennavo prima, è il miglioramento della tecnologia, o in termini tecnici del processo produttivo. Il cervello dei nostri dispositivi è infatti composto da tanti minuscoli mattoncini, detti transistor, che sono interconnessi tra di loro proprio come i neuroni sono interconnessi con le sinapsi. Proprio come i neuroni che compongono il nostro cervello, più transistor ci sono, più  intelligente e “forte” è il nostro computer. Per darvi una idea, il “cervello” del mio vecchio computer conteneva ben un milione di neuroni (transistor)…quelli di oggi, pensate, si aggirano sulla decina di miliardi! E, magia magia, occupano esattamente lo stesso spazio. Anzi, forse sono addirittura più piccoli. Ma come è possibile aumentare il numero di transistor di diversi ordini di grandezza, occupando lo stesso spazio? Beh, la risposta è semplice: diminuirne la dimensione.

Oggi, nelle tecnologie più avanzate, la dimensione di un transistor è di circa 10 nanometri. Per darvi una idea, cento volte più piccolo di un globulo rosso, e quasi diecimila volte più sottile rispetto ad un capello umano! Il trucco quindi è abbastanza semplice, diminuire la dimensione dei transistor per aumentare le capacità delle nostre diavolerie elettroniche. In realtà come potete immaginare, lavorare su scale di 10 nanometri non è affatto semplice, e la domanda sorge spontanea: fino a quanto potremo spingerci su scale sempre più piccole? La risposta, al contrario della domanda, non è affatto semplice. Quando ci spingiamo su scale così piccole, gli strani fenomeni del mondo atomico diventano sempre più predominanti, rendendo sempre più complesse, se non impossibili, le operazioni di progetto di questi cervelli elettornici, sancendo di fatto l’impossibilità di “andare oltre” con le tecniche utilizzate fino ad oggi. La legge che ormai da quasi 50 anni governa l’evoluzione delle tecnologie, la cosiddetta legge di Moore (secondo cui la potenza di calcolo, o meglio, il numero di transistor, raddoppia ogni 18 mesi), sembra quindi essere destinata a fermarsi, in un futuro molto prossimo. Questo scenario, molto pessimistico in realtà, suggerisce l’idea che lo sviluppo e il miglioramento delle attuali tecnologie informatiche sia ormai prossimo al livello di saturazione e l’innovazione sembra sempre più difficile da ottenere in un futuro che tutti (beh, in realtà, non proprio tutti) vogliono smart.

La grande intuizione, nata nei primi anni ottanta da parte di Richard Feynman e David Deutsch, è quella di sfruttare a proprio vantaggio gli effetti della meccanica quantistica, anziché vederli come un muro invalicabile nello sviluppo delle nuove tecnologie. Questa idea ha portato i due ricercatori all’ideazione del cosiddetto computer quantistico, il cui comportamento si basa su queste strani leggi della fisica e la cui intelligenza è decisamente superiore rispetto al computer classico. Tuttavia, nonostante siano passati ormai trent’anni dalla sua ideazione teorica, lo sviluppo dei computer quantistici è ancora ad uno stato primordiale su cui, vedremo, si stanno investendo fior fior di quattrini per la ricerca, principalmente a causa del fatto che è estremamente complesso da realizzare, e le sue potenzialità non sono ancora completamente comprese.

Il computer quantistico è tutto?

Con il discorso che abbiamo appena fatto, sembrerebbe quasi che tutte le future tecnologie si esauriscano con il computer quantistico. Ma è davvero tutto quello che ci possiamo aspettare? Domanda retorica, ovviamente no.

L’idea di utilizzare i fenomeni quantistici come nuova risorsa, come nuovo mattone nella prossima rivoluzione tecnologica, risulta essere in realtà molto trasversale, e non si applica solo ai computer quantistici. D’altro canto, come ci insegna la storia, lo sviluppo dei computer (quantistici, in questo caso) costituisce solo un pezzo del grande puzzle dell’ICT. Infatti, come avremo modo di vedere nei prossimi articoli, la meccanica quantistica e i suoi bizzarri effetti entrano in gioco in maniera determinante per risolvere diversi problemi di notevole importanza pratica, che non hanno soluzione nell’attuale mondo tecnologico proprio perchè non abbiamo le risorse “adatte” per affrontarli, e che solo una vera rivoluzione tecnologica può darci. Alcune di queste tematiche riguardano il mondo delle telecomunicazioni, della sicurezza informatica e persino… il teletrasporto! Proprio come è accaduto trent’anni fa con l’informatica classica, la convergenza di queste diverse aree, apparentemente slegate, consentirà in futuro di dare vita ad una serie di applicazioni oggi impensabili, o irrealizzabili, per quella che alcuni definiscono Quantum-ICT (Q-ICT).

Ma per oggi vi ho annoiato fin troppo, e questi temi, che sono ancora oggetto di studio intenso da parte della comunità scientifica, richiedono decisamente più di attenzione per poter essere trattati!

Gli aspetti economici della Quantum-ICT: l’Europa, IBM e Google

Prima di chiudere vi voglio dare, nel caso siate ancora un po’ scettici, un ulteriore assaggio dell’importanza di queste tecnologie per il prossimo futuro, e che non sono solo bellissimi giochi “per nerd”.

Il computer quantistico di IBM a Zurigo. Credits: IBM Research

L’IBM, forte del suo grande fallimento nel mondo dei personal computer nel corso degli anni 90, ha capito l’importanza strategica delle tecnologie quantistiche, ed, assieme a Google, è una delle industrie che sta maggiormente investendo nella ricerca e nello sviluppo dei computer quantistici. Proprio in questi anni si sta assistendo a una vera e propria gara tra questi due colossi per avere un ruolo di rilievo nella commercializzazione di queste tecnologie che, per ora, rimangono confinati a pochi esemplari in ambienti molto controllati. Come dicevo prima infatti, oggi è molto difficile costruire computer quantistici e, quei pochi esemplari esistenti sono ancora molto limitati nell’utilizzo e poco pratici da utilizzare. Insomma, un po’ come i primi computer degli anni ’50.

Il governo cinese ha stanziato un fondo da 100 milioni di dollari, ripeto 100 milioni di dollari, per lo sviluppo di tecnologie satellitdi euro. L’idea è quella di fondere gli interessi dell’industria con quelli della ricerca di base tipica del mondo universitario, e far così mantenere all’Europa un ruolo di rilievo nel mondo quantistico, che da sempre la contraddistingue.

Insomma, il mondo quantistico sta finalmente assumendo un ruolo di assoluto rilievo nella nostra società, ed è considerato fondamentale per la prossima “rivoluzione informatica”, i cui effetti si vedranno probabilmente solo nell’arco dei prossimi dieci anni, a beneficio di tutti. Proprio come è successo all’ICT negli anni 80.

Dopo questo primo articolo introduttivo, il cui scopo era, come dicevo, introdurre le principali motivazioni che giustificano l’utilizzo di queste nuove leggi della fisica, nei prossimi articoli scenderemo un po’ più nei dettagli tecnici. In particolare vedremo quali sono le differenze tra un computer classico ed uno quantistico e vedremo altre importantissime applicazioni nel campo delle telecomunicazioni e della sicurezza informatica, che rappresentano i pilastri fondamentali della Quantum-ICT.

Nella prossima puntata

Spero, dopo questo breve articolo, di avervi convinto in merito all’importanza delle tecnologie quantistiche. Forse alcuni di voi avranno già sentito parlare del computer quantistico, ma spero di avervi fatto riflettere sul fatto che il cuore della rivoluzione informatica consiste non solo in questo, ma anche nello sviluppo e nella convergenza di diverse aree, apparentemente differenti tra loro anche se, molto spesso, rimango molto più nascoste.

Nei prossimi articoli scenderemo nei dettagli tecnici e analizzeremo diverse applicazioni di queste tecnologie. A partire dalla quantum key distribution (QKD) che consente di risolvere alcuni problemi fondamentali di sicurezza nelle odierne reti di telecomunicazioni, passando per le comunicazioni quantistiche che in teoria consentirebbero di raggiungere velocità di comunicazione attualmente impensabili, ed infine cercando di capire come funziona e come si differenzia un computer quantistico rispetto alla sua controparte classica.

Insomma, cercheremo di dare una occhiata più da vicino a quello che sarà la rivoluzione e la supremazia della Quantum-ICT nei prossimi decenni.