Twitter a 280 caratteri: una scelta a caso o percorso strategico?

Il 07 novembre 2017 Twitter annuncia ufficialmente l’estensione a 280 caratteri nei propri post.

Un vero evento e, confesso, la cosa non mi è dispiaciuta affatto. Sono certa che molti abbiano apprezzato l’esaurirsi dell’obbligo di sforzo di sintesi richiesto dal social network dell’uccellino.

Qualcuno ha sottolineato che i vecchi 140 caratteri fossero un fattore di selezione naturale degli utenti e che garantissero l’essenzialità del messaggio: il superfluo, si dice, viva in Facebook …

Oggettivamente tutti ci siamo chiesti: ma che senso ha questa scelta? In un momento di crisi di Twitter era davvero questa la soluzione a cui puntare per non chiudere i battenti?

Ragioniamoci sopra.

Se brancoli nel buio la soluzione non si trova nella prima scelta a caso

Sappiamo tutti che il social che cinguetta è in crisi, fagocitato dal più aggressivo Facebook che promette di voler mangiarsi tutto il mercato.

Twitter corre ai ripari, anche per non deludere gli investitori, ed elimina il limite dei 140 caratteri.

Limite che tanto ci ha fatto soffrire negli anni precedenti e con la speranza di rilanciare la piattaforma.

Leggendo alcuni articoli successivi a questo momento storico, sembra che Twitter abbia voluto più che altro inserire una possibilità. Ha poi subito constatato  che poco è stata utilizzata: nei giorni successivi, a quanto pare, gli utenti si sono stabilizzati fra un 140 e un 190 di caratteri, dimostrando che i 280 caratteri sono poco interessanti.

Quasi a volersi omologare a tutti gli altri social, Twitter ha effettuato una scelta che non era in linea con le richieste degli utenti. Immagino abbia fatto fior fiore di ricerche di mercato, ma la vera richiesta degli utilizzatori, non è un mistero, è per una maggiore differenziazione e un’identità ancora più spinta e più marcata.

L’idea che questa scelta sia stata effettuata un po’ a caso ci solletica vero?

Il fatto è che se sei in crisi la prima cosa in assoluto da fare, lo diceva anche il Professor Silente, è ritornare sui tuoi passi, all’inizio della storia.

Se l’attività è in crisi, la prima cosa da fare è ripercorrere dall’inizio la tua storia. Ricavare la tua identità d’impresa e i tuoi caratteri distintivi.

Forse questi caratteri distintivi si sono persi lungo la strada e ormai le molliche di pane, o le mattonelle gialle, non sono più così chiaramente visibili.

Questa scelta di 280 caratteri ci fa pensare che manchi una strategia di fondo, una chiarezza di visione e, forse, non stiamo immaginando qualcosa di così lontano dalla realtà.

Twitter Vs Facebook: opposte esperienze e risultati

Andiamo oltre e facciamo un’analisi comparata. Un parolone difficile per dirvi che ho confrontato Twitter e Facebook.

Facebook, ormai secoli fa, ha tolto il limite dei caratteri nei suoi post: qualcuno si ricorda quando esisteva questo limite? Io solo vagamente. Facebook ha lasciato all’utente la selezione naturale tra post brevi e post lunghi, effettuando un taglio ( il  “leggi tutto” …) e consentendo, con un ulteriore click, di leggere post lunghi mezza giornata. ‘Se fai un post che nessuno legge sono fatti tuoi’ avrà probabilmente detto Mark a suo tempo. Il limite esiste ma non è esplicito.

Non solo.

Qualche tempo fa il social più famoso e frequentato del mondo inserisce i graditissimi “post colorati”.

Non vi sarà sfuggito che i post colorati, dimensionati per la news feed e con ampia visibilità, sono possibili solo con 133 caratteri.

7 caratteri in meno rispetto al vecchio limite di Twitter.

Su Facebook i post colorati contengono 7 caratteri in meno dei vecchi 140 di Twitter.

Non solo questo tipo di novità è piaciuta, ma i post risultano efficaci nel comunicare perché coniugano pensiero immediato ( la tanto cara velocità di 8 secondi richiesta dal pesciolino rosso ) e preferenza del cervello umano per le immagini.

Semplice e di successo. In un momento in cui a Twitter la crisi si fa nera e non sanno che pesci pigliare, il social di Mark dimostra che non è la lunghezza dei post il vero problema.

Ma qual è il vero problema?

Il vero problema di Twitter

Per risollevare le sorti di un’azienda devi fare strategia, seria. Non devi occuparti esclusivamente della trimestrale e degli strumenti tattici ( il numero di caratteri ).

Cosa significa fare strategia “seria”?

Significa rispolverare l’identità aziendale, i motivi per cui è nato quel tipo di social network, perché è così e non in un altro modo, la missione perseguita in origine. Significa aver chiaro chi sei ma soprattutto dove vuoi andare.

E’ necessario guardare in faccia ai propri errori. Fa male, ma solo sul momento. E’ l’unico modo per migliorarsi.

Ci si può risollevare puntando tutto sui propri caratteri differenzianti, che non sono il numero di lettere nei post, siano esse 140, 180, 360.

Quando ci sono più competitor nell’arena, e alcuni sono particolarmente aggressivi e posizionati, la strada maestra è qualificarsi in un modo peculiare, diverso rispetto agli altri. 

Twitter ha già delle peculiarità sue. Gli utenti lo dicono in continuazione. Gli unici a non volerlo riconoscere sono proprio a Twitter che continuano imperterriti in una politica a casaccio di omologazione e imitazione.

Nessuno vuole l’imitazione di Facebook. Abbiamo già Facebook.

Vogliamo le specialità di Twitter: conversazioni, velocità, giornalismo, essenzialità geniale, eventi, hashtag.

Chissà se a Twitter lo vorranno capire.

 

Lisa Bortolotti

 

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